Che la madre del papa argentino sia stata una brava donna, nessuno ha motivo per dubitarne. Del resto le numerose agiografie, pardon!, biografie di Francesco Bergoglio, ci raccontano tutte, concordi, di questa sana famiglia contadina, proveniente dal profondo Piemonte, nella quale le virtù popolari si sprecavano: buoni sentimenti, etica del lavoro, rassegnazione, sopportazione della fatica, attaccamento alle radici cristiane e chi più ne ha più ne metta.
Quindi, dove mai qualcuno potrebbe trovare un motivo per prendere a male parole la signora Bergoglio?
Ma se davvero qualche incauto maleducato volesse togliersi la sfizio di portarle offesa, faccia ben attenzione, perché rischierebbe di beccarsi sul grugno un sonoro papagno che, seppure proveniente da mani pontificie, non farebbe meno male. Anche perché Papa Francesco è decisamente ben messo.
Uscendo dal bar sotto casa, dove Francesco si è espresso così bonariamente, e uscendo anche di metafora, attenti a farsi prendere dai fumi dell’anticlericalismo, o meglio, dai presunti eccessi del laicismo! Perché, con i tempi che corrono, esercitare un sano anticonformismo non è sicuramente una delle professioni più salutari. Anche se questo anticonformismo si esprime nel rispetto delle libertà e delle convinzioni altrui, rivelandosi un prezioso antidoto a quel mefitico pensiero unico che vorrebbe fare di tutti noi delle belle, e soprattutto innocue, addormentate nel bosco.
Per questo siamo sempre più convinti che nessuno dovrebbe autocensurarsi. E proprio perché abbiamo dolorosamente visto che la libertà di pensiero, e soprattutto quella di espressione, pur se si manifestano come doverosa critica e non come offesa gratuita, possono essere pericolose, tanto di cappello per chi, queste libertà le esercita senza temere quelle conseguenze che “si sarebbe andato a cercare”.
Un bell’esempio, e non poteva essere altrimenti, ce lo ha ancora dato «Charlie Hebdo», che, nel primo numero uscito dopo la strage del 7 gennaio, ha voluto rimettere Maometto in copertina, rappresentandolo come un buon omaccio che “tutto ha perdonato”. Senza nessun intento offensivo, anzi!, ma con quello di ribadire che nessuno può negarci il diritto, vorremmo dire il dovere, di stigmatizzare quel clericalismo che, incurante di ogni concetto di libertà, vorrebbe far diventare universali i propri particolari “valori”. Un clericalismo intessuto di superstizione, violenza morale, sopraffazione, mancanza di rispetto per tutto ciò che non si identifica con lui, e per chi non si assoggetta ai suoi dispotici dettami.
Oggi, sicuramente e fortunatamente, il cattolicesimo e il cristianesimo non conoscono gli infausti estremismi che hanno caratterizzato gran parte della loro millenaria storia, e la società occidentale si è in gran parte liberata dalle pastoie clericali per ridare dignità e preminenza ai valori spirituali dei credenti. Però… a tutto c’è un limite, quindi scherza coi fanti ma lascia stare i santi, altrimenti il sacrosanto papagno papale, sul grugno, non te lo toglie nessuno!
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L’attualità e la storia: da «l’Asino» a «Charlie Hebdo»
La satira anticlericale, irrispettosa e irridente di ogni forma di superstiziosa soggezione alle gerarchie ecclesiastiche, non è certo un’invenzione recente, ma affonda le sue radici nello spirito laico e razionalista, diretto discendente della rivoluzione dei Lumi.
Ne è illustre testimonianza un periodico che, nei primi decenni del secolo scorso, ebbe enorme successo non solo fra la borghesia liberale erede delle lotte risorgimentali contro il potere temporale della Chiesa cattolica, ma anche presso i ceti popolari che sempre più decisamente rivendicavano, alla luce dei principi socialisti, un ruolo meno subalterno nella società.
Parliamo de «l’Asino», il settimanale satirico diretto e disegnato da Podrecca e Galantara, che recava come sottotitolo il caustico detto “l’Asino è il popolo: utile, paziente e bastonato” e che trafiggeva, con i suoi strali micidiali, il clericalismo pontificio, il militarismo colonialista, il capitalismo rapace, la politica conservatrice di classi dirigenti sorde alle esigenze di emancipazione popolare.
Scorrendone oggi le pagine e le mille vignette, per nulla invecchiate, non si può non notare la sorprendente affinità con il parigino «Charlie Hebdo», un’affinità che si esprime tanto nella scelta degli obiettivi da colpire e affondare, quanto nella più assoluta mancanza di ipocrita autocensura.
La pagina qui riprodotta, che vede come protagonista Papa Pio X, mostra, più di qualsiasi descrizione, tanto la denuncia dell’oscurantismo del potere temporale, quanto il sincero rispetto, illustrato nella figura del Cristo, del più genuino spirito evangelico.
Come si vede, niente di nuovo, oggi, sotto il sole!