Ricorrenze: Elena Bono scrittrice, poetessa e traduttrice muore il 26 febbraio 2014.
(Sonnino, 29 ottobre 1921 – Lavagna, 26 febbraio 2014).
A Ravenna e ai suoi mosaici Elena Bono ha dedicato la poesia:
”Tramonto d’inverno in una chiesa a Ravenna”
Quando avrà freddo
portate il mio cuore a Ravenna.
Forse i selvaggi cavalli del mare
sfrenati corrono le onde,
le bianche criniere fiammeggianti sopra i marosi;
folle nitrire sovrasta l’immenso ansimare delle acque.
E li sprona la sera che viene veloce
su dal profondo del mare,
forse la sua verde ombra
si allunga già sopra le cose pietrificate.
Tutto sarà tra poco
naufragio e terrore,
ulular di marosi su tutta la terra,
alto sibilar della sferza che incalza spietata.
Ma qui
su cieli d’oro come risplendono
le candide vesti dei Santi,
estatici gigli
e all’infinito ne fiorisce il giardino.
All’infinito. Lasciate
che si richiudano le acque sopra di noi,
pur che nulla qui venga cambiato
e intatto affondi un tesoro
che fu sempre nascosto.
Ché questo è salvarsi: restare
là dove è ciò che non muore,
eternamente immuni d’ogni timore
In nave sommersa
dolce cosa ascoltar la tempesta,
sognare di Dio che è nei cieli
dal profondo del mare.
Elena Bono nasce a Sonnino, nel Lazio, il 29 Ottobre 1921. Figlia di un noto studioso di letteratura classica, Francesco Bono, e di Giselda Cardosi, vive la sua prima infanzia a Recanati dove, fin da bambina, avverte il primo misterioso legame con l’animo poetico del Leopardi. A dieci anni si trasferisce con la famiglia in Liguria, a Chiavari, dove scrive le sue opere di poesia, teatro, narrativa, critica. In seguito al bombardamento di Chiavari, dovette sfollare a Bertigaro (Comune di Borzonasca), sull’Appennino ligure. Si trovò a stretto contatto con le formazioni partigiane di quella zona, cui diede un contributo di informazioni per quanto riguardava soprattutto l’avvistamento di rastrellamenti. Buona parte della produzione letteraria di Elena Bono è ispirata al tema della resistenza, intesa nella sua accezione non solo storica ma anche esistenziale ed universale, testimoniata nella raccolta di Poesie “Piccola Italia” e nei romanzi della trilogia “Uomo e Superuomo”: “Come un Fiume come un sogno”, “Una valigia di cuoio nero”, “Fanuel Nuti – Giorni davanti a Dio”. Elena Bono è stata tradotta in inglese, francese, spagnolo, portoghese, arabo, svedese e greco. Scrittrice di punta della casa editrice Garzanti negli anni ’50 assieme al giovane Pier Paolo Pasolini (pubblicò fra gli altri la raccolta di liriche “I galli notturni”e il romanzo “Morte di Adamo”, che fu tradotto in diverse lingue e venne considerato un capolavoro da critici e uomini di cultura), nonostante i molti e prestigiosi riconoscimenti ricevuti, Elena Bono è vissuta per decenni in una condizione di inspiegabile oblio. A partire dagli anni ’80 la casa editrice Le mani, di Recco (www.lemanieditore.com), pubblica tutta la sua vasta produzione letteraria.
Anche Marguerite Yourcenar (Bruxelles, 8 giugno 1903 – Mount Desert, 17 dicembre 1987), ha dedicato a Ravenna e ai suoi mosaici la prosa, intitolata “Ravenna ovvero il peccato mortale”, contenuta in Pellegrina e straniera,(traduzione di Elena Giovanelli. Torino: Einaudi, 1990). Marguerite Yourcenar “pellegrina e straniera” soggiornò a Ravenna nel 1935 per un breve periodo.
“Non c’è altra città dove si risenta maggiormente dello iato tra l’interno e l’esterno, tra la vita pubblica e la segreta vita solitaria. Sulla piazza il sole riscalda le sedie di ferro davanti alla porta di un caffè; bambini sporchi, donne debordanti di maternità vociano nelle strade tristi. Ma qui in questa purezza di tenebre ben presto rese trasparenti dall’abitudine, rilucono qua e là fuochi limpidi come quelli di un’anima in cui lentamente si formino i cristalli della sventura. I pilastri ruotano con la terra. Le volte ruotano con il cielo. Girano in tondo gli Apostoli, come dervisci agli acuti suoni di un valzer lento. Mani divine sospese a caso, vaghe come quelle che sfiorano i volti nelle sedute spiritiche, derisorie come le mani disegnate sui muri per indicarci la strada che abbiamo sempre torto a seguire. Impotenti a ricreare un mondo, queste mani si accontentano di benedirlo.
Uno dei segreti di Ravenna sta in questo confinare dell’immobilità con la velocità suprema; essa conduce alla vertigine. Il secondo segreto di Ravenna è quello dell’ascesa al profondo, l’enigma del Nadir. Letteralmente, i personaggi dei mosaici sono minati: hanno scavato in se stessi enormi caverne nelle quali raccolgono Dio. Affondati nelle viscere dell’estasi, partono alla ricerca di un sole di mezzanotte, ai mistici antipodi del giorno. La loro esperienza contraddice lo slancio gotico che tende le braccia a Dio. Rinchiusi in un sogno, imprigionati sotto la campana da palombaro delle cupole, sfuggono alla frenesia del mondo nella serenità del baratro. Non è vero che quegli uomini e quelle donne sfuggissero in Dio a un mondo inondato di sangue, nel quale il passante rischiava continuamente di ricevere in testa i cocci di un impero. Spessissimo questi periodi di clausura meditativa e di ardente tristezza preparano le catastrofi, più che deplorarle. Le precedono, come il peccato precede la punizione.”
Ravenna Festival dedicò l’edizione 2003 del festival, dal titolo Ravenna visionaria “pellegrina e straniera”, a Marguerite Yourcenar, a 100 anni dalla sua nascita.