Doris Lessing, all’anagrafe Doris May Tayler (Kermanshah, 22 ottobre 1919 – Londra, 17 novembre 2013), è stata una scrittrice britannica.
Nasce il 22 ottobre 1919 in Iran. Studia in un convento e poi in una scuola femminile di Salisbury, che abbandona a quattordici anni, completando la sua formazione da autodidatta leggendo i grandi classici della letteratura.
A quindici anni, stanca dell’esasperante rigore educativo materno, va via di casa decisa ad affrontare la vita con i propri mezzi. Lavora come bambinaia e, al contempo, comincia ad appassionarsi alla politica e alla sociologia, mentre coltiva già da tempo una particolare inclinazione per la letteratura.
Ha pubblicato romanzi, racconti, opere teatrali, libri di fantascienza; nella sua opera, che affronta tematiche sociali quali il conflitto razziale, l’emancipazione femminile, l’impegno politico, ha una grande importanza l’elemento autobiografico. Nei romanzi degli anni cinquanta e dei primi anni sessanta narra dell’Africa e critica apertamente l’ingiustizia del sistema di potere dei bianchi.
Dal 1956 Doris Lessing si dedica a temi più introspettivi e decisamente autobiografici, volgendo un occhio particolare alla condizione femminile, con “La noia di essere moglie” (1957), “L’abitudine di amare” (1957), “Il taccuino d’oro” (1962).
Tra gli altri libri pubblicati “Il diario di Jane Somers” e “If the old could …”, pubblicati nel 1983 e 1984; “La brava terrorista” (1985); “Il vento disperde le nostre parole” (1986); “Racconti londinesi” (1986). Nel 1994 pubblica “Sotto la pelle”, tutto dedicato ai lunghi anni in Africa, mentre la seconda parte, “Camminando nell’ombra”, esce nel 1997; nel 1996 “Amare ancora”; nel 1999 “Mara e Dann”; nel 2000 “Ben nel mondo”; nel 2001 “Il sogno più dolce”. L’ultimo libro pubblicato è “Alfred and Emily”, nel 2008.
Ha vinto il premio Nobel per la letteratura 2007 con la seguente motivazione: «cantrice dell’esperienza femminile che con scetticismo, passione e potere visionario ha messo sotto esame una civiltà divisa».
E’ famoso l’aneddoto di quando, nel 2007, Doris Lessing vinse il Nobel per la Letteratura. Tornava a casa con le borse della spesa nel suo quartiere di Londra: si sedette sui gradini e, davanti ai tanti giornalisti che l’aspettavano, esclamò: “Oh Cristo!”. La foto del suo volto tondo da bambina, solcato da rughe, i capelli grigi spettinati, gli occhi vispi e stupefatti, fece allora il giro del mondo.
Doris Lessing “Il quinto figlio” (Feltrinelli, 2000)
“... Io mi sono chiesta: e se nel ventesimo secolo venisse al mondo un elfo, una creatura di un’altra epoca? Nella nostra società apparirebbe “cattivo”, portatore di male: ma in un contesto diverso non susciterebbe pregiudizi. Come reagiremmo se capitasse tra noi uno così? Noi siamo pigri, quando le cose sono un po’ problematiche le nascondiamo sotto il tappeto. Questo libro l’ho scritto due volte. La prima versione era meno cruda, poi mi sono detta: “cara mia, stai barando. Se succedesse davvero, sarebbe molto peggio di così.” E allora l’ho riscritto portandolo alle conseguenze estreme.” Doris Lessing.
Nel romanzo di Doris Lessing “Il quinto figlio” si racconta la storia di una coppia felice, così felice da sembrare irreale. Harriet e David, due giovani borghesi, hanno la loro personale concezione di felicità; decidono di acquistare una casa grandissima e di riempirla di bambini. Nulla sembra fermarli, hanno quattro figli bellissimi e una casa piena di ospiti. Una famiglia felice insomma. Ma a cambiare tutto sarà la quinta gravidanza di Harriet che si prospetta fin dai primi mesi completamente diversa, infatti il feto nel ventre materno è iperattivo e crea nella madre uno strano senso di inquietudine. Doris Lessing, non fa sconti, non smussa gli acuminati angoli di una realtà crudele e il quinto figlio sarà il “mostruoso” Ben. Non si tratta di un bambino deforme o particolarmente spaventoso ma di un essere diverso “un elfo di un’altra epoca”. Ben turba l’armonia che fino a quel momento regnava nella famiglia, terrorizza i fratellini e gli stessi genitori. Senza il ricorso a scene particolarmente spaventose e cruente il romanzo crea sensazioni di paura e disagio. Disagio per un essere nato in un contesto sbagliato e che invece si troverebbe perfettamente a suo agio in un altro contesto, dove regnano la cattiveria e la crudeltà. Si tratta di un romanzo anticonvenzionale che ci spinge a riflettere sulle mille sfaccettature della cosiddetta normalità e sull’inquietudine che la diversità può provocare in noi.
Doris Lessing, “L’erba canta” (La Tartaruga edizioni ,2005)
Il primo romanzo di Doris Lessing, “L’erba canta”, è ambientato nel Sudafrica degli anni Quaranta e racconta la storia di Mary, che si lascia alle spalle un’infanzia di miseria e infelicità familiare vissuta in campagna per diventare una donna indipendente ed emancipata in città, grazie a un buon lavoro e alla sicurezza economica che ne deriva. Volutamente distante da coinvolgimenti emotivi e senza nessuno al mondo con cui abbia un legame importante, Mary ha tuttavia una vita sociale intensa e si sente appagata. Solo quando dei pettegolezzi sentiti per caso la inducono a riconsiderare l’immagine che gli altri hanno di lei e a riflettere sul suo ruolo di donna nella società, Mary si costringe a trovare marito. Il matrimonio con un agricoltore la riporta in campagna, a una vita dura di povertà e incomprensioni che sembra destinata al fallimento sin dal suo inizio.
L’esordio letterario della scrittrice Premio Nobel Doris Lessing è un’opera di potente realismo che attraverso l’esplorazione della psiche della sua protagonista sviscera una moltitudine di temi riconducibili ad un unico filo conduttore. Il concetto di dualismo permea infatti tutto il romanzo: il Sudafrica in cui si svolge la storia è segnato dal razzismo che divide nettamente bianchi e neri, l’anima di Mary è un campo di battaglia tra istinto e decisioni prese sotto la pressione delle convenzioni sociali, la società separa dalla sua parte ’’sana’’ chi non si conforma ai suoi parametri di normalità. Mary cerca di integrarsi scegliendo come marito un sognatore, un uomo a cui mancano le qualità necessarie al successo in un ambiente aspro e crudele, e la loro infelice unione non realizza altro che un’ulteriore emarginazione per entrambi.
Il personaggio femminile perno della narrazione compie un viaggio che prima la allontana dalle sue origini e poi la riconduce al punto di partenza, dove diventa una sorta di reincarnazione di sua madre. La scelta di adeguarsi a quello che la società vuole da lei la porta a confrontarsi con una verità di impulsi e sentimenti a cui Mary oppone resistenza, ma da cui alla fine non sa fuggire. Per ironia della sorte, è solo attraverso uno schiaffo alle convenzioni che la protagonista si risveglia dalla sua passività e fa chiarezza dentro di sé, seppure all’apice di un disfacimento fisico e nervoso.
Leggere “L’erba canta” significa entrare in un mondo a tratti claustrofobico, in cui l’autrice ci fa non solo assistere al crollo psicologico ed emotivo di una donna, ma provare con i nostri sensi la confusione, lo sfinimento, la rabbia, la paura che lo accompagnano. Pur essendo anticipato nell’apertura del romanzo, che si costruisce come un lungo flash-back, il finale è una sferzata in pieno volto. Doris Lessing, con meravigliose scelte lessicali e la capacità di provocare i sensi del lettore, fa di una storia ’’piccola’’ lo specchio di una storia più grande, metafora dell’inevitabilità della tragedia quando a dominare sono l’ipocrisia e la repressione di sé e degli altri.