Christa Wolf, nata Christa Ihlenfeld (Landsberg an der Warthe, 18 marzo 1929 – Berlino, 1 dicembre 2011), è stata una scrittrice tedesca.
Una vita costellata di successi, ma anche di amarezze e disillusioni. Christa Wolf non era solo l’autrice di romanzi universalmente apprezzati come Cassandra e Medea Voci, ma anche una intellettuale tra le più discusse della Germania dell’Est. Più volte critica nei confronti del regime comunista, fu accusata di non avere mai abiurato l’ideologia socialista, di non avere lasciato il suo paese pur avendone la possibilità e poi, dopo la caduta del Muro, di avere collaborato con la Stasi durante gli anni universitari. Difesa solo dal suo amico di una vita, il Nobel Günter Grass.
Nata nell’attuale Polonia, trascorse l’infanzia sotto il nazismo ma alla fine della seconda guerra mondiale si ritrovò insieme alla sua famiglia, protestante e di origini modeste, nella Germania dell’Est. Laureata in germanistica all’università di Jena negli anni ’50 sposò lo scrittore Gerhard Wolf e nel ’62 iniziò a lavorare come critica letteraria presso la rivista dell’unione degli scrittori della DDR. Raggiunse la notorietà l’anno successivo con il romanzo Il cielo diviso, in cui narrava l’amore al di qua e al di là del Muro. Quegli anni, spiegò poi, furono i più duri perché coincisero con la presa di coscienza che la DDR non era un’alternativa al nazionalsocialismo, non era ciò che lei e i suoi amici avevano sperato. Divenne sospetta al regime, spiata e intercettata. A pochi mesi dalla fine del comunismo pubblicò un breve testo, Che cosa resta, che parlava di una scrittrice famosa, sorvegliata dalla Stasi. Le si ritorse contro: accusata di opportunismo, si disse che voleva presentare se stessa come vittima denunciando tardivamente il regime. Divenne persona non gradita. Anche perché, solo dopo la caduta del Muro, lasciò la Germania per gli Stati Uniti, accettando una borsa di studio di nove mesi della fondazione Getty a Los Angeles. Per i suoi detrattori era una fuga, dettata dalla scoperta di un dossier in cui si accertava la sua collaborazione con la polizia segreta tra il 1959 e il 1962. Il suo nome in codice era Margarete e in quella veste ebbe tre colloqui, così insignificanti che la Stasi stessa interruppe il rapporto. La scrittrice non spiegò mai perché non avesse rifiutato quella collaborazione, ma più volte sottolineò come su di lei esistessero altri 42 fascicoli che testimoniavano come fosse stata a lungo spiata.
Famoso rimase il suo appello ai concittadini della Repubblica Democratica Tedesca (DDR) pronunciato l’8 novembre 1989, affinché non lasciassero il paese. Quando la DDR aprì i confini con la Cecoslovacchia il 3 novembre del 1989 molti cittadini avevano lasciato la Germania dell’Est cercando rifugio nell’Ovest. Nel notiziario serale della televisione est-tedesca Christa Wolf si rivolse con un solenne appello ai cittadini della DDR.
« Care concittadine, cari concittadini, noi tutti siamo inquieti. Vediamo migliaia di persone che ogni giorno lasciano la nostra terra. Noi sappiamo che la politica degli ultimi giorni ha rafforzato la sfiducia nel rinnovamento. Noi siamo consapevoli della debolezza delle parole di fronte al movimento di massa, ma non abbiamo nessun altro mezzo che le parole. Che ancora adesso mandano via, mitigano la nostra speranza. Noi vi preghiamo, rimanete nella vostra patria, rimanete da noi. Cosa possiamo promettervi? Niente di facile. Ma una vita utile e interessante. Nessun benessere in breve tempo, ma con azione un grande cambiamento. Vogliamo impegnarci per la democratizzazione, elezioni libere, diritto e sicurezza. » |
La sorprendente apertura dei confini dello Stato la sera del 9 novembre fa tremare e cambia tutto: l’appello della notte precedente risulta quindi inutile.
Nel suo ultimo libro, La città degli angeli, Christa Wolf raccontò le sue inquietudini di quel momento cercando di spiegare la sua evoluzione personale, la disillusione per quello che era diventata la DDR. Stato d’animo ben presente anche in altre sue opere, come il libro-diario Congedo dai fantasmi (1995) o Un giorno all’anno. 1960-2000, raccolta delle pagine di diario tenute ogni 27 settembre e pubblicate nel 2002. Dal testo emergono i conflitti interiori e una lucida analisi della società tedesca fino all’unificazione ed oltre. Ed emerge anche la caratteristica principale del suo carattere: la scrittrice che diede voce ai miti classici, che raccontò un amore diviso dal muro, che scavò nelle difficoltà dell’individuo a inserirsi nel socialismo reale di quegli anni (Riflessioni su Christa T del 1968), era innanzitutto una persona metodica, paziente e tenace. Forte di fronte alle asperità della vita, tanto da affermare che, nonostante tutto, “sono grata per il semplice fatto di essere stata al mondo”.
Medea. Voci
Strutturato come un affresco polifonico, con vari personaggi che raccontano ciascuno il proprio punto di vista, il romanzo riscopre fonti antecedenti ad Euripide e ribalta la visione tramandataci dalla tradizione, rivelando così una nuova figura di donna. Medea non è più l’infanticida vittima dell’ossessione d’amore, la violenza irrazionale contrapposta alla razionalità patriarcale della civiltà greca, ma una donna forte e generosa, una “maga” depositaria di un “sapere del corpo e della terra”. È questo “secondo sguardo” che le fa scoprire un orribile segreto nascosto nel sottosuolo del palazzo reale di Corinto. Medea dovrà pagare per aver svelato il crimine su cui si fonda il potere. Non saprà né vorrà difendersi perché – dopo aver abbandonato la natia Colchide, anch’essa macchiata di sangue innocente – non ha più radici né ideali che la sostengano.
Wohin mit mir. Ist eine Welt zu denken, eine Zeit, in die ich passen wurde. Niemand da , den ich fragen konnte. Das ist die Antwort. (In quale luogo io? E’ pensabile un mondo, un tempo, in cui io possa star bene? Qui non c’è nessuno a cui lo possa chiedere. E questa è la risposta)
Cassandra
Cassandra è stata fatta prigioniera da Agamennone e ora si trova a Micene, in attesa che Clitemnestra uccida il marito per poi togliere la vita all’illustre prigioniera e ai suoi bambini. Cassandra trascorre quelle che sa essere le sue ultime ore ripercorrendo e narrando a se stessa, alla serva Marpessa e al suo amato e ormai lontano Enea, la sua storia: l’infanzia felice con i fratelli nella cittadella di Troia, il sacerdozio, la guerra ed infine la sciagura che colpiranno la sua città. Il tutto viene catturato in un flusso di coscienza trascinante e serrato, in cui Cassandra e il lettore si perdono, sbalzati nei luoghi e nei tempi di una vita costellata di laceranti contrapposizioni. La vita di Cassandra si fonda su un dualismo insolubile: il suo desiderio di conformarsi, essere accettata, rientrare nel circolo di Priamo e della società troiana, e il suo istinto sempre più forte ed incontrollabile di opporvisi, di diventare voce dissonante all’interno della sua casa. Una risposta ad una vita spezzata dalle contraddizioni sembra giungere solo nel momento della sciagura, quando nulla è più recuperabile.
Esiste un dolore che non fa più male, perché è tutto. Aria. Terra. Acqua. Ogni boccone. E ogni respiro, ogni movimento. No, è indescrivibile. Non ne parlai mai. Nessuno me ne domandò.
Mi concessi tempo, prima di accorgermene, mi sono sempre concessa questi tempi di parziale cecità. Diventare tutt’a un tratto capace di vedere – questo mi avrebbe distrutta.
Il cielo diviso
Pubblicato nella Germania dell’Est nel 1963, all’indomani della costruzione del muro di Berlino. La divisione della Germania e la crisi di una coppia (l’uomo ad occidente, la donna ad oriente) ne costituiscono il soggetto. Il libro tematizzava diversi aspetti problematici della società in Germania orientale; scostandosi da quelli che in precedenza erano stati i dettami letterari del regime comunista, finì per riscuotere un notevole successo anche nei paesi occidentali. Malgrado ciò, il libro prendeva le dovute distanze dalla visione del mondo capitalista, il che ne garantì l’affermazione anche in Germania dell’Est. Si narra la vicenda di Rita, studentessa lavoratrice. La giovane è occupata presso una fabbrica di carrozze ferroviarie della DDR per integrare i suoi studi con la conoscenza del mondo operaio. Ricoverata nel 1961 dopo essere stata coinvolta in un incidente in fabbrica, la ventunenne è ancora sotto choc e ricostruisce gradualmente gli ultimi due anni della sua vita. Le scene ambientate in ospedale ed in sanatorio sono scritte al presente, mentre i tempi del passato scandiscono i flashback, i ricordi che emergono nella mente di Rita. I due piani temporali dialogano in continuazione con il succedersi dei trenta capitoli, conservando, ognuno per sé, il proprio ordine cronologico. Tra realtà drammatiche come i problemi economici, sociali ed ambientali dell’Europa orientale e l’eredità del nazismo, ma anche cariche di entusiasmo come la conquista dello spazio da parte dei paesi comunisti, viene rievocata nella memoria di Rita la storia d’amore con Manfred.
Un tempo, le coppie d’amanti prima di separarsi cercavano una stella, su cui i loro sguardi la sera potessero incontrarsi. Che cosa dobbiamo cercare noi? «Il cielo almeno non possono dividerlo» disse Manfred beffardo. Il cielo? Tutta questa cupola si speranza e di anelito, di amore e di tristezza?
«Sì invece» disse lei piano. «Il cielo è sempre il primo a essere diviso».
Un giorno all’anno
E’ l’opera più personale di Christa Wolf. Per 40 anni -dal 1960- l’autrice ha raccontato ogni 27 settembre, annotando tutte le esperienze i pensieri i sentimenti vissuti quel giorno. Il risultato è una testimonianza incisiva e commovente della sua esistenza di scrittrice, di donna, madre, cittadina prima della Repubblica democratica tedesca, poi della Repubblica federale tedesca. “Come accade la vita?” questa è la domanda. Sono due le ragioni principali che hanno spinto Christa Wolf, a scrivere il libro Un giorno all’anno. La prima è legata a un’iniziativa lanciata nel 1936 da Maksim Gor’kij e ripresa nel 1960 dal giornale moscovita Isvestija con un invito rivolto agli scrittori di tutto il mondo: “descrivere con la maggiore esattezza possibile una giornata di quell’anno, e precisamente il 27 settembre”. La seconda, che spiega perché per Christa Wolf la cronaca di quello stesso giorno si sia protratta per quaranta anni, culminando in questa raccolta di quaranta giornate dal 1960 al 2000, è profondamente legata alle intenzioni poetiche dell’autrice, che fanno dell’orrore per l’oblio il perno della sua opera e la chiave per comprendere i processi storici.
Opere tradotte in italiano
- 1960 – Pini e sabbia dal Branderburgo
- 1968 – Riflessioni su Christa T.
- 1974 – Sotto i tigli
- 1975 – Il cielo diviso
- 1976 – Trama d’infanzia
- 1979 – Nessun luogo. Da nessuna parte
- 1983 – Cassandra
- 1983 – Premesse a Cassandra
- 1987 – Guasto
- 1989 – Recita estiva
- 1992 – Nel cuore dell’Europa
- 1994 – Congedo dai fantasmi
- 1996 – Medea. Voci
- 1999 – L’altra Medea
- 2002 – In carne e ossa
- 2003 – Un giorno all’anno. 1960-2000
- 2005 – Con uno sguardo diverso
- 2009 – Che cosa resta
- 2011 – La città degli angeli